Emanuela Orlandi, 40 anni tra intrighi e senza nessuna verità: le parole del Papa e le polemiche tra il fratello e il Vaticano

Il caso della ragazza scomparsa nel 1983 è ancora irrisolto, nonostante le indagini riaperte a gennaio. Francesco esprime la sua vicinanza alla famiglia, ma i media vaticani accusano Pietro Orlandi e la sua avvocata di non collaborare.

Davide Sarno

Era il 22 giugno 1983 quando Emanuela Orlandi, una cittadina vaticana di 15 anni, uscì da una scuola di musica a Roma e non fece più ritorno a casa. Da allora, il suo destino è avvolto nel mistero, tra piste seguite e abbandonate, depistaggi e sospetti, accuse e silenzi. Il caso della ragazza scomparsa è diventato uno dei più celebri e inspiegabili della storia italiana e vaticana, coinvolgendo personaggi e ambienti diversi, dal terrorismo internazionale alla Banda della Magliana, dalla pedofilia al serial killer.

A quasi 40 anni dalla sparizione, il caso è stato riaperto a gennaio dal promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi, in seguito alle istanze presentate da Pietro Orlandi, il fratello maggiore di Emanuela, che da decenni lotta per la verità. Pietro Orlandi ha raccontato di aver ricevuto dei messaggi anonimi che gli indicavano di cercare la sorella in una tomba del cimitero teutonico in Vaticano, dove sarebbe stata sepolta con il nome di "Angelus Dei". Inoltre, ha rivelato di aver appreso da fonti attendibili che Emanuela sarebbe stata coinvolta in un giro di prostituzione organizzato da alcuni monsignori polacchi amici di Papa Giovanni Paolo II.

Queste dichiarazioni hanno scatenato le reazioni dei media vaticani, che hanno difeso con forza la figura del pontefice polacco, definito "santo" e "martire", e hanno accusato Pietro Orlandi e la sua avvocata Laura Sgrò di non collaborare con le indagini e di non fare i nomi delle loro fonti. I media vaticani hanno anche sottolineato che l'avvocatessa si è rifiutata di rispondere alle domande del promotore Diddi, opponendo il segreto professionale.

Pietro Orlandi ha replicato con indignazione a queste accuse, sostenendo di aver fornito una lunga lista di nomi da interrogare e di aver sempre collaborato con la giustizia vaticana. Anche l'avvocata Sgrò ha difeso il suo operato, affermando che il segreto professionale è una garanzia per la libertà e la ricerca indipendente della verità.

In mezzo a queste polemiche, si è levata la voce di Papa Francesco, che dopo l'Angelus del 25 giugno ha espresso la sua vicinanza alla famiglia Orlandi, soprattutto alla mamma, e ha assicurato la sua preghiera. Il pontefice ha esteso il suo ricordo a tutte le famiglie che portano il dolore di una persona cara scomparsa. Francesco aveva già incontrato Pietro Orlandi nel 2013 e gli aveva detto: "Emanuela sta in cielo"

Per dirgli che stava in cielo il Papa ha forse perso le speranze nel ritrovare Emanuela? Oppure ha perso le speranze nel fare trovare la verità nei meandri oscuri delle stanze vaticane?
Ricordiamo che un pastore non deve perdere mai la speranza quanto più chi si arroga il titolo di rappresentare Gesù sulla terra in carne e ossa.

Il caso Orlandi resta quindi ancora aperto e pieno di interrogativi. Si spera che le indagini possano finalmente fare luce su una vicenda che ha segnato la storia del nostro Paese e della Chiesa.


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