La pedofilia nella Chiesa Cattolica
Casi e statistiche e le possibili soluzioni
Il 6 gennaio del 2002 «The Boston Globe» usciva con un titolo in prima pagina a caratteri cubitali: «La Chiesa ha permesso per anni abusi da parte dei preti». Lo scandalo che sorse allora non si è più fermato. In questi vent’anni la Chiesa è stata profondamente travagliata dalla pedofilia, sorta di male incurabile diffuso tra le file dei chierici, un fenomeno che ha assunto, dapprima negli Stati Uniti e poi in Europa e nel mondo, le dimensioni di una vera epidemia.
Resisi conto della gravità dell’accaduto, i vescovi statunitensi avevano prontamente reagito convocando a giugno una Conferenza episcopale a Dallas, che si pronunciò per una vigorosa azione di risanamento, affidando a un importante studio di criminologia, il John Jay College of Criminal Justice della New York City University, applicò la stesura di un rapporto sugli abusi sessuali i cui risultati furono resi noti nel febbraio del 2004. Il 2010 può essere considerato un vero e proprio momento buio della storia della Chiesa, dove si registrò la più grande serie di scandali del cattolicesimo moderno, capaci di coinvolgere numerosi cardinali, decine di vescovi e migliaia di preti e religiosi.
La progressione dei casi rivelati di pedofilia si fece incalzante: dalla Svizzera al Belgio, dal Regno Unito ai Paesi Bassi, dall’Austria alla Germania, dappertutto si verificò un’esplosione di segnalazioni, che segnarono duramente la fase terminale del pontificato di Ratzinger e contribuirono forse a spingerlo alle dimissioni. Per fronteggiare la situazione, Papa Francesco e la Commissione per i diritti dell’infanzia delle Nazione Unite e dell’adolescenza ha tentato varie mosse – come la nascita di una commissione per la tutela dei minori aperta alla partecipazione dei laici, la maggior parte delle vittime che hanno denunciato, il 50,9%, ha un'età compresa tra gli 11 e i 14 anni, 27,3% hanno tra i 15 anni e i 17, il 16% sono bambini e bambine tra gli 8 e i 10 anni e circa il 6% hanno un'età sotto i 7 anni. A oggi (luglio 2023) in Italia abbiamo avuto 167 sacerdoti accusati di pedofilia, 165 condannati.
In Italia il diffuso spirito religioso ha sempre annebbiato la coscienza statistica della popolazione, riportando i casi di abusi a errori del singolo, a casi isolati. In realtà, negli ultimi anni sono una trentina i religiosi condannati; con l’ascesa al pontificato di papa Francesco, la Chiesa cattolica sta cercando, con una colossale operazione di marketing, di riconquistare la fiducia della gente. Singolare il fatto che molti media hanno fatto notare oltre misura il “rigore” con cui Papa Francesco stia prendendo di mira la pedofilia.
Agghiacciante il fatto che diversi esponenti della Chiesa cattolica minimizzano i dati statistici, usando la legge dei piccoli numeri: dire che solo il 3% dei preti sono pedofili suona molto meno grave che ammettere che un prete ha 50 volte più probabilità di essere pedofilo che un cittadino comune perché 3 è minore di 50, anche se le due ammissioni sono equivalenti. Una delle tante soluzioni varate, per prevenire questo fenomeno atroce e disumano, come riferisce l’articolo 4 dei Patti Lateranensi che dice testualmente: gli ecclesiastici non possono essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero.
Cambiare unilateralmente i Patti Lateranensi, oltre forse a non centrare del tutto il problema, non sarebbe semplice. «La Costituzione – chiarisce Piercamillo Davigo, ex presidente della II Sezione Penale della Corte Suprema di Cassazione ed ex membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura - dice che le modifiche di comune accordo dei Patti Lateranensi non richiedono modifiche costituzionali. Quindi quelle senza accordo richiedono un procedimento di revisione costituzionale”. Per quanto abbia tentato a lungo di ricondurre gli abusi sessuali e la pedofilia a problemi di natura personale (ad esempio una personale predisposizione alla omosessualità), la Chiesa ha dovuto necessariamente riconoscere che il problema è di ben altra portata e richiede una attenta analisi ed adeguate risposte. Una di queste dovrebbe essere una accurata selezione dei candidati, unita ad un miglioramento dell’ambiente educativo.
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